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Gli squali Family & Friends e una smentita del ministro Ronchi
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- Pubblicato: Mercoledì, 30 Giugno 2010 15:15
«Se ci fosse spazio per la privatizzazione del settore si aprirebbe un'occasione per i fondi di private equity. Noi potremmo essere interessati, a patto che non si tratti solo della rete, l'infrastruttura, ma di vere aziende, totalmente private, senza quote pubbliche». Parola di Nino Tronchetti Provera, cugino del più noto Marco e amministratore delegato di Ambienta un fondo d'investimento in “energie rinnovabili” fondato nel 2007. È solo l'ennesimo “squalo” che gira intorno alle prede (le aziende pubbliche dei servizi idrici) con un annuncio che vale come la chiacchiere al bar ma che testimonia ancora una volta perché il “decreto Ronchi” è un arma di distruzione del servizio pubblico puntata sui Comuni e sulle tasche dei cittadini.
Cosa dice il “cugino Nino”? Essenzialmente che un fondo di investimento (private equity), dopo qualche anno di esperienza nei biogas, nella produzione di pallets per biomasse con diversi progetti in cantiere nelle “energie rinnovabili”, potrebbe essere molto interessato a occuparsi anche di servizi idrici se fossero davvero messe in vendita le aziende pubbliche senza doversi però caricare le reti (le infrastrutture, le condotte).
Bé, chi non sarebbe interessato ad acquisire aziende in attivo che gestiscono un servizio di primaria importanza, obbligate a cedere le loro azioni per legge e in più senza caricarsi l'onere esclusivo della gestione delle reti e gli investimenti necessari? Alzi la mano chi non sente odore di buon business? Se non fosse che il ministro Ronchi – e con lui Confindustria e FederUtility – continuano a dirci che i privati entrano in gioco proprio per finanziare le reti, per far crescere gli investimenti, riparare le perdite… Tutta fuffa. Perché basta la pragmaticità degli imprenditori finanziari del settore, come Nino Tronchetti Provera, per chiarire che i privati di reti non ne vogliono sapere. Non chiedetegli di finanziarle, per carità, perrché non c'è margine. Investimenti troppo lunghi, ritorni debolissimi. Strano destino quello dei “fondi infrastrutturali”, tanto di moda in Italia, che non vogliono finanziare le infrastrutture, ma solo acquisirne le aziende. Agli investimenti (quelli reali in tubi e recupero perdite) che ci pensi il pubblico.
Quindi cosa vogliono questi fondi? Mettere le mani sul capitale delle aziende di erogazione e sui loro utenti senza alcuna “interferenza” del pubblico. Vogliono i rubinetti e le bollette. Anche se non hanno esperienza alcuna in materia.
Il caso di Ambienta è emblematico. Primo perché è una società di gestione del risparmio (una finanziaria che raccoglie capitale privato per investirlo in aziende che possano garantire ritorni agli investitori) e non una azienda di servizi o di ingegneria. Secondo perché finora si è dedicata ad altro. I suoi due ultimi colpi azionari, ad esempio, riguardano la Icq, “azienda produttrice di energia da fonte eolica, idroelettrica, da biomassa e da gas da rifiuti”, e la Spig azienda novarese specializzata in torri di raffreddamento e condensatori industriali che vende in tutto il mondo per grandi e medi impianti di ogni tipo. Con l'acqua non c'entrano un granché (salvo che nei processi energetici o industriali si usa molta acqua), ma ciò basta al “cugino Nino” per lanciare il suo invito privatizzatore al mondo politico e al giornalista del Corriere Economia per abboccare con tanto di titolo: “Nino Tronchetti cerca l'acqua”. Davvero?
Dopodiché come possa un fondo che raccoglie 217 milioni di euro già impegnati in diversi business occuparsi anche di acquisizioni e conduzione di aziende discretamente onerose, come quelle dei servizi diretti ai cittadini, resta un mistero a cui potrebbero rispondere i soci di Ambienta che in ordine sono i manager stessi, Banca Intesa e la F&F (Family & Friends), un'espressione che si usa per indicare i capitali raccolti tra parenti e amici, ma che in questo caso identifica un'azienda partecipata da “25 imprenditori e industrie chiave del settore”. Chi sono? Secondo Il Sole24Ore, nel 2008, erano “Italmobiliare, Api, Camfin e Coeclerici, ma anche Nerio Alessandri, Luca Marzotto e Carlo Micheli, tutti rappresentati in cda da Carlo Pesenti”. Tanto per rinfrescarci la memoria, Carlo Pesenti (classe 1963) è uno degli eredi dell'impero dell'omonimo padre fondato su Italcementi (proprietaria anche di Calcestruzzi) e presente nel “salotto buono” del apitalismo italiano con gli Agnelli, i Pirelli e gli Orlando. Una storia che continua e tanto per chiarire Carlo Pesenti (il figlio) oggi siede nei consigli d'amministrazione di Mediobanca, Unicredit e Rcs. Gli altri sono imprenditori, finanzieri e loro eredi (figli e nipoti). Capito perché “Family & Friends”?
Secondo il Corsera anche il ministro Ronchi farebbe parte, indirettamente, di questo “giro d'amici”, sedendo nel consiglio di amministrazione della Icq (l'azienda energetica privata di cui sopra). Ma sembra falso. Non risulta, infatti il nome del ministro negli organi societari (forse un tempo c'era un omonimo, ma non lui). E ci mancherebbe. Aspettiamo la sua risentita smentita. E le eventuali scuse e repliche del Corriere.
Comunque, questi signori “Family & Friends” vorrebbero gli si regalassero le aziende pubbliche dell'acqua con la bufala dell'efficienza e degli investimenti (che non faranno loro) e in nome del loro sacro diritto di rappresentare “il mercato” che si sa, è cosa loro.
Vigilate cittadini, vigilate.